LA VERA STORIA DELL'ACQUEDOTTO COMUNALE

05.04.2015 07:50

Con l’approssimarsi dell’appuntamento elettorale del 31 maggio prossimo, voci “amiche”  interessate più a cercare di creare problemi negli altri che nel valutare quelli creati dal  proprio operato, rispolverano ad arte la questione dell’affidamento della gestione dell’acquedotto ad una società privata; ho così modo di chiarire una volta per tutte il perché di tale scelta , spiegandovi quali sono state le situazioni ed i motivi che hanno indotto l’Amministrazione Comunale di allora ad operare tale scelta  e che, molto probabilmente, sono sconosciute alla maggior parte dei costigliolesi.

Intorno agli anni ’85/ ‘87 venne a manifestarsi nel nostro comune, in tutta la sua gravità,   il problema della carenza di acqua potabile, problema che andava ad  assumere contorni pesanti e  molto disagevoli specie nella stagione estiva. L’acquedotto comunale era alimentato da una sorgente (Roccarè) e da due pozzi, quello del Mulino (circa 10 mt. di profondità) e quello del Vernetto (circa 20 mt. allocato in prossimità dell’alveo del torrente Varaita dalla portata di 8 litri/secondo). Durante la stagione estiva, mentre la sorgente del Roccarè diminuiva la sua portata riducendola fino a quasi un terzo, i pozzi, in particolare quello del Mulino, evidenziavano tutta la loro criticità, quest’ultimo poi, essendo molto poco profondo, (era nato come pozzo irriguo) attingeva acqua dalla primissima falda e spesso doveva essere messo fuori servizio per inquinamento  batteriologico; i consumi al contrario, aumentavano di molto, con il risultato di rendere assolutamente insufficiente la portata d’acqua attinta dal pozzo del Vernetto (in estate si consumava una quantità d’acqua pari a 12 litri/secondo). Molti costigliolesi ricorderanno ancora quando, nella stagione estiva, oltre all’ordinanza di divieto di uso di acqua potabile per irrigare orti e giardini, verso le ore 22 /23 si provvedeva a sospendere l’erogazione di acqua allo scopo di permettere alla vasca di carico (posizionata nel pressi del castello Reynaudi dalla capacità di 350 m3) di riempirsi . Tale manovra, oltre ad essere di disagio ai cittadini ed alle attività che necessitavano di acqua potabile, molto spesso si rivelava insufficiente  in quanto già verso la metà della mattinata successiva la vasca si svuotava con la conseguenza  di far mancare l’acqua alle zone alte delle abitazioni e del paese .Oltre al problema delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile la rete di distribuzione dell’acquedotto era in molti tratti obsoleta, sottodimensionata rispetto alle nuove necessità, e presentava molte perdite ( chi non ricorda i frequenti zampilli nelle vie del paese in particolare in Via Vittorio Veneto?). Le  giuste proteste dei cittadini si facevano sempre più numerose e pressanti (conservo ancora copia di alcune lettere di protesta che mi giungevano, dai toni non propriamente amichevoli),  fu così che cercammo una soluzione radicale e totale al problema che in quel particolare momento per noi era impossibile da  affrontare con le sole finanze comunali. Il Comune aveva una ridottissima capacità di indebitamento a causa di alcune pesantissime vertenze che erano giunte a transazione e che riducevano al minimo la possibilità d’azione dell’Ente; eravamo stati costretti a contrarre un mutuo con un ente privato (la CR Saluzzo) al  fine di trovare la liquidità necessaria per chiudere la vertenza che riguardava la ristrutturazione del 3° piano del palazzo comunale da destinare ad edilizia popolare, la costruzione della palestra comunale, e la costruzione del blocco dei nuovi loculi al cimitero il tutto, ad operazione conclusa, costato all’epoca alle casse del Comune  poco più di un miliardo e novecento milioni di lire!

Ci rimanevano due possibilità: lasciare la situazione così com’era ed eventualmente rifornire l’acquedotto con autobotti, oppure orientarsi verso un intervento privato capace di risolvere in tempi brevi e completamente la situazione.

Fu giocoforza orientarsi verso un appalto per la costruzione di un nuovo pozzo che desse garanzie sufficienti per portata e qualità d’acqua, corredato di tutte quelle opere accessorie quali la costruzione di una nuova condotta idrica di mandata dal pozzo alla vasca di carico, la sostituzione di tutte le tratte di condotta idrica fatiscenti e con perdite,  la costruzione e il monitoraggio elettronico delle stazioni di pompaggio , l’installazione dell’impianto di clorazione dell’acqua immessa nella rete ed altro. Di fronte alle due offerte pervenute ( Italgas e Crea) quella che offriva condizioni di gestione più vantaggiose fu quella dell’Italgas, offerta che consisteva nel realizzare un investimento per l’acquedotto  pari a   un miliardo   e settecentocinquanta milioni di lire  con il quale si sarebbe provveduto alla costruzione del nuovo pozzo (150 mt di profondità in regione Campolungo con portata di 15 litri d’acqua al secondo) alla realizzazione di tutte le nuove condotte necessarie (circa 8 km ), alla messa a punto delle stazioni di pompaggio, all’ampliamento della vasca di carico, all’ allacciamento all’acqua potabile della frazione S. Anna, alla sostituzione e riparazione dei tratti di condotta fatiscenti (circa 6 km), alla ricerca e riparazione delle dispersioni, alla manutenzione ordinaria e straordinaria di tutti gli impianti per l’intera durata della concessione, alla lettura dei contatori ed alla relativa fatturazione ecc.  Ad oggi  tutte queste opere sono state realizzate tant’è che il problema della mancanza d’acqua potabile è scomparso ;  sono 25 anni che non si riscontrano problemi seri di fornitura di acqua potabile.

L’investimento effettuato  dalla ditta Italgas (la quale ha poi ceduto la concessione della gestione dell’acquedotto alla società Acque Potabili di Torino) viene ammortizzato nell’arco di 30 anni (1990 – 2020) operando una maggiorazione del prezzo base dell’acqua. Alla scadenza della concessione, ammortizzato l’investimento operato dal privato, tutti gli impianti dell’acquedotto torneranno al Comune il quale deciderà come gestirli, ovviamente la tariffa dell’acqua scenderà ai livelli praticati dai comuni a noi viciniori. Non sussistendo più quelle stringenti condizioni che all’epoca ci avevano indirizzato verso quell’unica soluzione praticabile è chiaro che non si avrà più motivo di  ricorrere alla gestione dell’acquedotto da parte di una società privata!